Data:
18 Gennaio, 2014

Per un ricercatore la Sardegna è come un forziere ricco di tesori nascosti spesso conservati nella memoria dei suoi abitanti più anziani depositari del sapere di un popolo mai inoperoso e inattivo nella continua lotta contro l’indigenza e la povertà.

Ogni paese sardo può vantare un’eredità culturale frutto di attività dinamiche che hanno visto crescere un’economia legata al sapere tecnico che un tempo è appartenuto a mestieri dignitosi anche se logoranti e gravosi.

Di questi lavori si parla di nuovo a Nurallao in occasione di un incontro con la storia di “sa biddaâ€? de is frascusâ€?, il villaggio in cui stovigliai e tegolai realizzavano prodotti con l’argilla di cui era ricco il territorio e che resero celebre una piccola comunità legata alla produzione di manufatti umili, ma adatti a consentire un decoroso stato di sussistenza a chi a questi mestieri si dedicava.

In un’epoca in cui si tende ad appiattire qualsiasi peculiarità antropologica per omologarla a modalità sempre uniformi, lo studio di queste realtà potrebbe riaccendere nelle nuove generazioni quell’interesse verso il passato traducendolo in occasioni di sfruttamento turistico legato non solo al folclore e al pittoresco.

Un’occasione preziosa per riflettere su questa interessante realtà ci è stata offerta dagli studi della dott.ssa Mariolina Sionis, che di questi mestieri si è occupata e di cui ha ricostruito le diverse fasi facendone riemergere l’oggettività del sapere tecnico e le implicazioni sociali che questi lavori favorivano nella piccola comunità.

Dare voce alla memoria mediante una minuziosa ricostruzione delle diverse fasi della lavorazione con l’utilizzo di documenti grafici e fotografici oltre che con la esposizione di una mostra di manufatti originali, ha consentito agli uditori di immergersi in un’atmosfera capace di far rivivere, anche a chi quell’epoca non ha vissuto, il piacere e il gusto di un fare antico che ormai il tempo ha conservato come patrimonio culturale solo in quei pochi testimoni come Franco Porceddu e Luigi Podda che hanno rivissuto con commozione quei momenti lontani.

Oggi che la scomparsa dell’attività dei figoli è ignorata da quasi tutti i giovani del paese, è interessante raccogliere la proposta di chi con la ricostruzione dei forni degli ‘strexiaxus e dei tegolaius’ e con la riproposizione delle diverse fasi di lavorazione trova proficuo attrarre l’interesse di visitatori vicini e lontani stimolati da un turismo culturale rinnovato nei suoi contenuti e tenuto vivo dalla memoria di un paese che rinasce alla luce di una storia mai dimenticata.

Giovanna Casapollo

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Ultimo aggiornamento

18 Gennaio, 2014