Meana Sardo

Il paese, le cui radici affondano nelle tradizioni locali tipiche dei paesi montani, si presenta al visitatore in una veste per molti aspetti unica. Siamo alle pendici del Monte Sant’Elia, a circa 600 metri s.l.m. fra la Barbagia di Belvì e il Sarcidano, nella provincia di Nuoro.

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Il paese, le cui radici affondano nelle tradizioni locali tipiche dei paesi montani, si presenta al visitatore in una veste per molti aspetti unica. Siamo alle pendici del Monte Sant’Elia, a circa 600 metri s.l.m. fra la Barbagia di Belvì e il Sarcidano, nella provincia di Nuoro. Il paese gode di un belvedere su tutto il territorio confinante ed è circoscritto dalle anse del rio Araxisi, che disegna col suo fluire angoli di grande fascino tra gole e pendii granitici mozzafiato.

Il territorio è prevalentemente montuoso, sebbene non manchino alte colline ricoperte di vigneti, e offre un patrimonio ambientale, storico e archeologico di gran pregio. La natura si presenta, preziosa e inviolata, nelle possenti e maestose sughere, nei lecci sempreverdi, nei corbezzoli e nei ginepri e ancora nella vitalità dei vari mammiferi e dei volatili, creando un’insieme di luci, profumi e colori ineguagliabili. In questo scenario, sfidando ogni avversità , sopravvive rigogliosa la Foresta di Ortuabis (detta anche Su Comunali) con la sua varietà di specie animali e floreali. Il territorio del comune è caratterizzato in prevalenza dall’allevamento ovi-caprino, i cui terreni adibiti a pascolo conservano intatti diversi pinnazzus, capanne coniche in pietra costruite per il riposo dei pastori, a conferma della grande tradizione di Meana come centro di allevamento.

Il centro abitato conserva ancora alcuni elementi strutturali e architettonici del passato: antiche case in pietra scistosa con finestre impreziosite da eleganti decorazioni aragonesi, ornate di fregi, colonne e capitelli che testimoniano la presenza di una scuola locale di “picapedras” (scalpellini) molto attiva.

Ma è l’arte sacra ad imporsi maestosa: ne è un esempio la chiesa cinquecentesca di S. Bartolomeo, edificata nel XVI secolo su un impianto più antico, di cui si hanno notizie nelle Ratio Decimarum Sardiniae del 1321. In stile gotico-aragonese e rinascimentale è divisa in tre navate. Gli elementi più rilevanti sono il portale con piccole colonne scolpite, una finestra in stile gotico-aragonese e i bassorilievi d’arte popolaresca nella imponente torre campanaria in stile pisano, riferibili al ciclo agrario e alla cultura contadina.

Suggestivo e affascinante appare l’abito tradizionale ancora oggi quotidianamente indossato dalle anziane, ultime custodi del vestire sardo.

Tra le dolci colline ricoperte di vigneti è possibile visitare il complesso nuragico di Nolza, che domina un’area vastissima. Il nuraghe, di tipo complesso, consta di un bastione centrale formato da quattro torri, per un’altezza residua di oltre 12 metri e presenta tutto attorno i resti di un agglomerato di capanne che occupa un’area stimata in 2,5 ettari. La leggenda vuole che fosse abitato da un gigante condannato a custodire un tesoro, costretto al buio e racchiuso dalle mura della torre: l’unico contatto esterno era il canto di Maria Incantada, proveniente dall’omonimo nuraghe e dal villaggio neolitico non molto distante.

Ricca di testimonianze archeologiche la zona rivela la presenza umana fin da tempi remotissimi: siti importanti affiorano in tutto il territorio, come il menhir antropomorfo di granito rinvenuto nel paese e la statua-menhir ritrovata in località Banda Era, all’interno di un muro a secco.

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Ultimo aggiornamento

18 Agosto, 2022